L’arte dei rumori, the logical consequence of your marvelous innovations

A Roma, nel Teatro Costanzi affollatissimo, mentre coi miei amici futuristi Marinetti, Boccioni, Carrà, Balla, Soffici, Papini, Cavacchioli, ascoltavo l’esecuzione orchestrale della tua travolgente Musica futurista.mi apparve alla mente una nuova arte che tu solo puoi creare: l’Arte dei Rumori, logica conseguenza delle tue meravigliose innovazioni. La vita antica fu tutta silenzio. Nel diciannovesirno secolo, coll’invenzione delle macchine, nacque il Rumore. Oggi, il Rumore trionfa e domina sovrano sulla sensibilità degli uomini. Per molti secoli la vita si svolse in silenzio, o, per lo più, in sordina. I rumori più forti che interrompevano questo silenzio non erano nè intensi, né prolungati, né variati. Poiché, se trascuriamo gli eccezionali movimenti tellurici, gli uragani, le tempeste, le valanghe e le cascate, la natura e silenziosa.

In questa scarsità di rumori, i primi suoni che l’uomo poté trarre da una canna forata o da una corda tesa, stupirono come cose nuove e mirabili. Il suono fu dai popoli primitivi attribuito agli dèi, considerato come sacro e riservato ai sacerdoti, che se ne servirono per arricchire di mistero i loro riti. Nacque così la concezione del suono come cosa a sé, diversa e indipendente dalla vita, e ne risultò la musica, mondo fantastico sovrapposto al reale, mondo inviolabile e sacro. Si comprende facilmente come una simile concezione della musica dovesse necessariamente rallentarne il progresso, a paragone delle altre arti. I Greci stessi, con la loro teoria musicale matematicamente sistemata da Pitagora, e in base alla quale era ammesso soltanto l’uso di pochi intervalli consonanti, hanno molto limitato il campo della musica, rendendo così impossibile l’armonia, che ignoravano.

Il Medio Evo, con gli sviluppi e le modificazioni del sistema greco del tetracordo, col canto gregoriano e coi canti popolari, arricchì l’arte musicale, ma continuò a considerare il suono nel suo svolgersi nel tempo, concezione ristretta che durò per parecchi secoli e che ritroviamo ancora nelle più complicate polifonie dei contrappuntisti fiamminghi. Non esisteva l’accordo; lo sviluppo delle parti diverse non era subordinato all’accordo che queste parti potevano produrre nel loro insieme; la concezione, infine, di queste parti era orizzontale, non verticale. Il desiderio, la ricerca e il gusto per l’unione simultanea dei diversi suoni, cioè per l’accordo (suono complesso) si manifestarono gradatamente, passando dall’accordo perfetto assonante e con poche dissonanze di passaggio alle complicate e persistenti dissonanze che caratterizzano la musica contemporanea. L’arte musicale ricercò ed ottenne dapprima la purezza, la limpidezza e la dolcezza del suono, indi amalgamò suoni diversi, preoccupandosi però di accarezzare l’orecchio con soavi armonie. Oggi l’arte musicale, complicandosi sempre più, ricerca gli amalgami di suoni più dissonanti, più strani e più aspri per l’oreccbio. Ci avviciniamo così sempre più al suono-rumore.

Questa evoluzione delta musica è parallela al moltiplicarsi delle macchine, che collaborano dovunque coll’uomo. Non soltanto nelle atmosfere fragorose delle grandi città, ma anche nelle campagne, che furono fino a ieri normalmente silenziose, la macchina ha oggi creato tanta varietà e concorrenza di rumori, che il suono puro, nella sua esiguità e monotonia, non suscita più emozione. Per eccitare ed esaltare la nostra sensibilità, la musica andò sviluppandosi verso la più complessa polifonia e verso la maggior varietà di timbri o coloriti strumentali, ricercando le più complicate successioni di accordi dissonanti e preparando vagamente la creazione del rumore musicale. Questa evoluzione verso il “suono rumore” non era possibile prima d’ora. L’orecchio di un uomo del settecento non avrebbe potuto sopportare l’intensità disarmonica di certi accordi prodotti dalle nostre orecchie(triplicate nel numero degli esecutori rispetto a quelle di allora). Il nostro orecchio invece se ne compiace, poiché fu già educato dalla vita moderna, così prodiga di rumori svariati. Il nostro orecchio però se ne accontenta, e reclama più ampie emozioni acustiche. D’altra parte, il suono musicale è troppo limitato nella varietà qualitativa dei timbri. Le più complicate orchestre si riducono a quattro o cinque classi di strumenti ad arco, a pizzico, a fiato in metallo, a fiato in legno, a percussione. Cosicché la musica moderna si dibatte in questo piccolo cerchio, sforzandosi vanamente di creare nuove varietà di timbri. Bisogna rompere questo cerchio ristretto di suoni puri e conquistare la varietà infinita dei “suoni-rumori”.

Ognuno riconoscerà d’altronde che ogni suono porta con sé un viluppo di sensazioni già note e sciupate, che predispongono l’ascoltatore alla noia, malgrado gli sforzi di tutti i musicisti novatori. Noi futuristi abbiamo tutti profondamente amato e gustato le armonie dei grandi maestri. Beethoven e Wagner ci hanno squassato i nervi e il cuore per molti anni. Ora ne siamo sazi e godiamo molto più nel combinare idealmente dei rumori di tram, di motori a scoppio, di carrozze e di folle vocianti, che nel riudire, per esempio, l'”Eroica” o là “Pastorale”. Non possiamo vedere quell’enorme apparato di forze che rappresenta un’orchestra moderna senza provare la più profonda delusione davanti ai suoi meschini risultati acustici. Conoscete voi spettacolo più ridicolo di venti uomini che s’accaniscono a raddoppiare il miagolìo di un violino? Tutto ciò farà naturalmente strillare i musicomani e risveglierà forse l’atmosfera assonnata delle sale di concerti. Entriamo insieme, da futuristi, in uno di questi ospedali di suoni anemici. Ecco: la prima battuta vi reca subito all’orecchio la noia del già udito e vi fa pregustare la noia della battuta che seguirà. Centelliniamo così, di battuta in battuta, due o tre qualità di noie schiette aspettando sempre la sensazione straordinaria che non viene mai. Intanto si opera una miscela ripugnante formata dalla monotonia delle sensazioni e dalla cretinesca commozione religiosa degli ascoltatori buddisticamente ebbri di ripetere per la millesima volta la loro estasi più o meno snobbbistica ed imparata. Via! Usciamo, poiché non potremmo a lungo frenare in noi il desiderio di creare finalmente una nuova realtà musicale, con un ampia di ceffoni sonori, saltando a piè pari violini, pianoforti, contrabbassi ed organi gemebondi. Usciamo! Non si potrà obbiettare che il rumore sia soltanto forte e sgradevole all’orecchio. Mi sembra inutile enumerare tutti i rumori tenui e delicati, che dànno sensazioni acustiche piacevoli. Per convincersi poi della varietà sorprendente dei rumori, basta pensare al rombo del tuono, ai sibili del vento, allo scrosciare di una cascata, al gorgogliare d’un ruscello, ai fruscii delle foglie, al trotto d’un cavallo che s’allontana, ai sussulti traballanti d’un carro sul selciato e alla respirazione ampia, solenne e bianca di una città notturna, a tutti i rumori che fanno le belve e gli animali domestici. e a tutti quelli che può fare la bocca dell’uomo senza parlare o cantare.

Attraversiamo una grande capitale moderna, con le orecchie più attente che gli occhi, e godremo nel distinguere i risucchi d’acqua, d’aria odi gas nei tubi metallici, il borbottio dei motori che fiatano e pulsano con una indiscutibile animalità, il palpitare delle valvole, l’andirivieni degli stantuffi, gli stridori delle seghe meccaniche, i balzi dei tram sulle rotaie, lo schioccar delle fruste, il garrire delle tende e delle bandiere. Ci divertiremo ad orchestrare idealmente insieme il fragore delle saracinesche dei negozi, le porte sbatacchianti, il brusio e lo scalpiccìo delle folle, i diversi frastuoni delle stazioni, delle ferriere, delle filande, delle tipografie, delle centrali elettriche e delle ferrovie sotterranee.

Né bisogna dimenticare i rumori nuovissimi della guerra moderna. Recentemente il poeta Marinetti, in una sua lettera dalle trincee bulgare di Adrianopoli, mi descriveva con mirabile stile futurista l’orchestra di una grande battaglia: ”Ogni 5 secondi cannoni da assedio sventrare spazio con un accordo TAM-TUUMB ammutinamento di 500 echi per azzannarlo sminuzzarlo sparpagliarlo all’infinito. Nel centro di quei TAM-TUUMB spiaccicati ampiezza 50 chilometri quadrati balzare scoppi tagli pugni batterie a tiro rapido Violenza ferocia regolarità questo basso grave scandere gli strani folli agitatissimi acuti della battaglia Furia affanno orecchie occhi narici aperti! attenti! forza! che gioia vedere udire fiutare tutto tutto taratatatata delle mitragliatrici strillare a perdifiato sotto morsi schiaffi traak-traak frustate pic-pac-pum-tumb bizzarie salti altezza 200 metri della fucileria Giù giù in fondo all’orchestra stagni diguazzare buoi bufali pungoli carri pluff plaff impennarsi di cavalli flic flac zing zing sciaaack ilari nitriti ììììì…. scalpicii tintinnii 3 battaglioni bulgari in marcia croooc-craaac (lento due tempi) Sciumi Maritza o Karvavena croooc-craaac grida degli ufficiali sbatacchiare come piatti d’ottone pan di qua paack di là cing BUUM cing ciak (presto) ciaciacia-ciaciaak su giù là là intorno in alto attenzione sulla testa ciaack bello! Vampe vampe vampe vampe vampe vampe ribalta dei forti laggiù dietro quel fumo Sciukri Pascià comunica te/efonicamente con 27 forti in turco in tedesco allò! Ibrahim! Rudolf! allò allò! attori ruoli echi suggeritori scenari di fumo foreste applausi odore di fieno fango sterco non sento più i miei piedi gelati odore di salnitro odore di marcio Timpani flauti clarini dovunque basso alto uccelli cinguettare beatitudine ombrie cip-cip-cip brezza verde mandre don-dan-don-din-bèéè Orchestra i pazzi bastonano i professori d’orchestra questi bastonatissimi suonare suonare Grandi fragori non cancellare precisare ritagliandoti rumori più piccoli minutissimi rottami di echi nel teatro ampiezza 300 chilometri quadrati Fiumi Maritza Tungia sdraiati Monti Ròdopi ritti alture palchi loggione 20.000 shapnels sbracciarsi esplodere fazzoletti bianchissimi pieni d’oro TUM- TUMB 20 000 granate protese strappare con schianti capigliature nerissime ZANG-TUMB-ZANG-TUMB-TUUMB l’orchestra dei rumori di guerra gonfiarsi sotto una nota di silenzio tenuta nell’alto cielo pallone sferico dorato che sorveglia i tiri”.

Noi vogliamo intonare e regolare armonicamente e ritmicamente questi svariatissimi rumori. Intonare i rumori non vuol dire togliere ad essi tutti i movimenti e le vibrazioni irregolari di tempo e d’intensità, ma bensì dare un grado o tono alla più forte e predominante di queste vibrazioni. Il rumore infatti si differenzia dal suono solo in quanto le vibrazioni che lo producono sono confuse ed irregolari, sia nel tempo che nella intensità. Ogni rumore ha un tono, talora anche un accordo che predomina nell’insieme delle sue vibrazioni irregolari. Ora, da questo caratteristico tono predominante deriva la possibilità pratica di intonarlo, di dare cioè ad un dato rumore non un solo tono ma una certa varietà di toni, senza perdere la sua caratteristica, voglio dire il timbro che lo distingue. Così alcuni rumori ottenuti con un movimento rotativo possono offrire un’intera scala cromatica ascendente o discendente, se si aumenta o diminuisce la velocità del movimento. Ogni manifestazione della nostra vita è accompagnata dal rumore. Il rumore è quindi famigliare al nostro orecchio, ed ha il potere di richiamarci immediatamente alla vita stessa. Mentre il suono estraneo alla vita, sempre musicale, cosa a sé, elemento occasionale non necessario, è divenuto ormai per il nostro orecchio quello che all’occhio è un viso troppo noto, il rumore invece, giungendoci confuso e irregolare dalla confusione irregolare della vita, non si rivela mai interamente a noi e ci serba innumerevoli sorprese. Siamo certi dunque che scegliendo, coordinando e dominando tutti rumori, noi arricchiremo gli uomini di una nuova voluttà insospettata. Benché la caratteristica del rumore sia di richiama brutalmente alla vita, l’arte dei rumori non deve limitarsi ad una riproduzione imitativa. Essa attingerà la sua maggiore facoltà di emozione nel godimento acustico in se stesso, che l’ispirazione dell’artista saprà trarre dai rumori combinati.

Ecco le 6 famiglie di rumori dell’orchestra futurista che attueremo presto, meccanicamente:

1 Rombi, Tuoni, Scoppi, Scrosci, Tonfi, Boati.
2 Fischi, Sibili, Sbuffi.
3 Bisbigli, Mormorii, Borbottii, Brusii, Gorgoglii.
4 Stridori, Scricchiolii, Fruscii, Ronzìì, Crepitii, Stropiccìì.
5 Rumori ottenuti a percussione su metalli, legni, pelli, pietre, terrecotte, ecc..
6 Voci di animali e di uomini: Gridi, Strilli, Gemiti, Urla, Ululati, Risate, Rantoli, Singhiozzi.

In questo elenco abbiamo racchiuso i più caratteristici fra i rumori fondamentali; gli altri non sono che le associazioni e le combinazioni di questi. I movimenti ritmici di un rumore sono infiniti. Esiste sempre come per il tono, un ritmo predominante, ma attorno a questo altri numerosi ritmi secondari sono pure sensibili.

CONCLUSIONI:
1 I musicisti futuristi devono allargare ed arricchire sempre di più il campo dei suoni. Ciò risponde a un bisogno della nostra sensibilità. Notiamo infatti nei compositori geniali d’oggi una tendenza verso le più complicate dissonanze. Essi, allontanandosi sempre più dal suono puro, giungono quasi al suono-rumore. Questo bisogno e questa tendenza non potranno essere soddisfatti che coll’aggiunta e la sostituzione dei rumori ai suoni.
2 I musicisti futuristi devono sostituire alla limitata varietà dei timbri degl’ istrumenti che l’orchestra possiede oggi, l’infinita varietà di timbri dei rumori, riprodotti con appositi meccanismi.
3 Bisogna che la sensibilità del musicista, liberandosi dal ritmo facile e tradizionale, trovi nei rumori il modo di ampliarsi e rinnovarsi, dato che ogni rumore offre l’unione dei ritmi più diversi, oltre a quello predominante.
4 Ogni rumore avendo nelle sue vibrazioni irregolari un tono generale predominante, si otterrà facilmente nella costruzione degli strumenti che lo imitano una varietà sufficientemente estesa di toni, semitoni e quarti di toni. Questa varietà di toni non toglierà a ogni singolo rumore le caratteristiche del suo timbro, ma ne amplierà solo la tessitura o estensione.
5 Le diffiicoltà pratiche per la costruzione di questi strumenti non sono gravi. Trovato il principio meccanico che dà un rumore, si potrà mutarne il tono regolandosi sulle leggi generali dell’acustica. Si procederà per esempio con la diminuzione o l’aumento della velocità, se lo strumento avrà un movimento rotativo, e con una varietà di grandezza o di tensione delle parti sonore, se lo strumento non avrà movimento rotativo.
6 Non sarà mediante una successione di rumori imitativi della vita, bensì mediante una fantastica associazione di questi timbri vari e di questi ritmi vari, che la nuova orchestra otterrà le più complesse e nuove emozioni sonore. Perciò ogni strumento dovrà offrire la possibilità di mutare o no, e dovrà avere una più o meno grande estensione.
7 La varietà dei rumori è infinita. Se oggi, mentre noi possediamo forse mille macchine diverse, possiamo distinguere mille rumori diversi, domani, col moltiplicarsi di nuove macchine, potremo distinguere dieci, venti o trentamila rumori diversi, non da imitare semplicemente, ma da combinare secondo la nostra fantasia.
8 Invitiamo dunque i giovani musicisti geniali e audaci ad osservare con attenzione continua tutti i rumori, per comprendere i vari ritmi che li compongono, il loro tono principale e quelli secondari. Paragonando poi i timbri vari dei rumori ai timbri dei suoni, si convinceranno di quanto i primi siano più numerosi dei secondi. Questo ci darà non solo la comprensione ma anche il gusto e la passione dei rumori. La nostra sensibilità moltiplicata, dopo essersi conquistati degli occhi futuristi avrà finalmente delle orecchie futuriste. Così i motori e le macchine delle nostre città industriali potranno un giorno essere sapientemente intonati, in modo da fare di ogni officina una inebbriante orchestra di rumori. Caro Pratella, io sottopongo al tuo genio futurista queste mie constatazioni, invitandoti alla discussione. Non sono musicista: non ho dunque predilezioni acustiche, né opere da difendere. Sono un pittore futurista che proietta fuori di sé in un’arte molto amata la sua volontà di rinnovare tutto. Perciò più temerario di quanto potrebbe esserlo un musicista di professione, non preoccupandomi delle mia apparente incompetenza, e convinto che l’audacia abbia tutti i diritti e tutte le possibilità, ho potuto intuire il grande rinnovamento della musica mediante l’Arte dei Rumori.

Luigi Russolo (1885 – 1947) the futurist artist with his assistant Piatti and the noise machine invented for futurist ‘symphonies’.
The Art of Noises

In Rome, in the Costanzi Theatre, packed to capacity, while I was listening to the orchestral performance of your overwhelming Futurist music, with my Futurist friends, Marinetti, Boccioni, Carrà, Balla, Soffici, Papini and Cavacchioli, a new art came into my mind which only you can create, the Art of Noises, the logical consequence of your marvelous innovations.

Ancient life was all silence. In the nineteenth century, with the invention of the machine, Noise was born. Today, Noise triumphs and reigns supreme over the sensibility of men. For many centuries life went by in silence, or at most in muted tones. The strongest noises which interrupted this silence were not intense or prolonged or varied. If we overlook such exceptional movements as earthquakes, hurricanes, storms, avalanches and waterfalls, nature is silent.

Amidst this dearth of noises, the first sounds that man drew from a pieced reed or streched string were regarded with amazement as new and marvelous things. Primitive races attributed sound to the gods; it was considered sacred and reserved for priests, who used it to enrich the mystery of their rites.

And so was born the concept of sound as a thing in itself, distinct and independent of life, and the result was music, a fantastic world superimposed on the real one, an inviolatable and sacred world. It is easy to understand how such a concept of music resulted inevitable in the hindering of its progress by comparison with the other arts. The Greeks themselves, with their musical theories calculated mathematically by Pythagoras and according to which only a few consonant intervals could be used, limited the field of music considerably, rendering harmony, of which they were unaware, impossible.
The Middle Ages, with the development and modification of the Greek tetrachordal system, with the Gregorian chant and popular songs, enriched the art of musicbut continued to consider sound in its development in time, a restricted notion, but one which lasted many centuries, and which still can be found in the Flemish contrapuntalists’ most complicated polyphonies.

The chord did not exist, the development of the various parts was not subornated to the chord that these parts put together could produce; the conception of the parts was horizontal not vertical. The desire, search, and taste for a simultaneous union of different sounds, that is for the chord (complex sound), were gradually made manifest, passing from the consonant perfect chord with a few passing dissonances, to the complicated and persistent dissonances that characterize contemporary music.

At first the art of music sought purity, limpidity and sweetness of sound. Then different sounds were amalgamated, care being taken, however, to caress the ear with gentle harmonies. Today music, as it becomes continually more complicated, strives to amalgamate the most dissonant, strange and harsh sounds. In this way we come ever closer to noise-sound.

This musical evolution is paralleled by the multipication of machines, which collaborate with man on every front. Not only in the roaring atmosphere of major cities, but in the country too, which until yesterday was totally silent, the machine today has created such a variety and rivalry of noises that pure sound, in its exiguity and monotony, no longer arouses any feeling.

To excite and exalt our sensibilities, music developed towards the most complex polyphony and the maximum variety, seeking the most complicated successions of dissonant chords and vaguely preparing the creation of musical noise. This evolution towards “noise sound” was not possible before now. The ear of an eighteenth-century man could never have endured the discordant intensity of certain chords produced by our orchestras (whose members have trebled in number since then). To our ears, on the other hand, they sound pleasant, since our hearing has already been educated by modern life, so teeming with variegated noises. But our ears are not satisfied merely with this, and demand an abundance of acoustic emotions.

On the other hand, musical sound is too limited in its qualitative variety of tones. The most complex orchestras boil down to four or five types of instrument, varying in timber: instruments played by bow or plucking, by blowing into metal or wood, and by percussion. And so modern music goes round in this small circle, struggling in vain to create new ranges of tones.

This limited circle of pure sounds must be broken, and the infinite variety of “noise-sound” conquered.

Besides, everyone will acknowledge that all musical sound carries with it a development of sensations that are already familiar and exhausted, and which predispose the listener to boredom in spite of the efforts of all the innovatory musicians. We Futurists have deeply loved and enjoyed the harmonies of the great masters. For many years Beethoven and Wagner shook our nerves and hearts. Now we are satiated and we find far more enjoyment in the combination of the noises of trams, backfiring motors, carriages and bawling crowds than in rehearsing, for example, the “Eroica” or the “Pastoral”.

We cannot see that enormous apparatus of force that the modern orchestra represents without feeling the most profound and total disillusion at the paltry acoustic results. Do you know of any sight more ridiculous than that of twenty men furiously bent on the redoubling the mewing of a violin? All this will naturally make the music-lovers scream, and will perhaps enliven the sleepy atmosphere of concert halls. Let us now, as Futurists, enter one of these hospitals for anaemic sounds. There: the first bar brings the boredom of familiarity to your ear and anticipates the boredom of the bar to follow. Let us relish, from bar to bar, two or three varieties of genuine boredom, waiting all the while for the extraordinary sensation that never comes.

Meanwhile a repugnant mixture is concocted from monotonous sensations and the idiotic religious emotion of listeners buddhistically drunk with repeating for the nth time their more or less snobbish or second-hand ecstasy.

Away! Let us break out since we cannot much longer restrain our desire to create finally a new musical reality, with a generous distribution of resonant slaps in the face, discarding violins, pianos, double-basses and plainitive organs. Let us break out!

It’s no good objecting that noises are exclusively loud and disagreeable to the ear.

It seems pointless to enumerate all the graceful and delicate noises that afford pleasant sensations.

To convince ourselves of the amazing variety of noises, it is enough to think of the rumble of thunder, the whistle of the wind, the roar of a waterfall, the gurgling of a brook, the rustling of leaves, the clatter of a trotting horse as it draws into the distance, the lurching jolts of a cart on pavings, and of the generous, solemn, white breathing of a nocturnal city; of all the noises made by wild and domestic animals, and of all those that can be made by the mouth of man without resorting to speaking or singing.

Let us cross a great modern capital with our ears more alert than our eyes, and we will get enjoyment from distinguishing the eddying of water, air and gas in metal pipes, the grumbling of noises that breathe and pulse with indisputable animality, the palpitation of valves, the coming and going of pistons, the howl of mechanical saws, the jolting of a tram on its rails, the cracking of whips, the flapping of curtains and flags. We enjoy creating mental orchestrations of the crashing down of metal shop blinds, slamming doors, the hubbub and shuffling of crowds, the variety of din, from stations, railways, iron foundries, spinning wheels, printing works, electric power stations and underground railways.

Nor should the newest noises of modern war be forgotten. Recently, the poet Marinetti, in a letter from the trenches of Adrianopolis, described to me with marvelous free words the orchestra of a great battle:

“every 5 seconds siege cannons gutting space with a chord ZANG-TUMB-TUUMB mutiny of 500 echos smashing scattering it to infinity. In the center of this hateful ZANG-TUMB-TUUMB area 50 square kilometers leaping bursts lacerations fists rapid fire batteries. Violence ferocity regularity this deep bass scanning the strange shrill frantic crowds of the battle Fury breathless ears eyes nostrils open! load! fire! what a joy to hear to smell completely taratatata of the machine guns screaming a breathless under the stings slaps traak-traak whips pic-pac-pum-tumb weirdness leaps 200 meters range Far far in back of the orchestra pools muddying huffing goaded oxen wagons pluff-plaff horse action flic flac zing zing shaaack laughing whinnies the tiiinkling jiiingling tramping 3 Bulgarian battalions marching croooc-craaac [slowly] Shumi Maritza or Karvavena ZANG-TUMB-TUUUMB toc-toc-toc-toc [fast] crooc-craac [slowly] crys of officers slamming about like brass plates pan here paak there BUUUM ching chaak [very fast] cha-cha-cha-cha-chaak down there up around high up look out your head beautiful! Flashing flashing flashing flashing flashing flashing footlights of the forts down there behind that smoke Shukri Pasha communicates by phone with 27 forts in Turkish in German Allo! Ibrahim! Rudolf! allo! allo! actors parts echos of prompters scenery of smoke forests applause odor of hay mud dung I no longer feel my frozen feet odor of gunsmoke odor of rot Tympani flutes clarinets everywhere low high birds chirping blessed shadows cheep-cheep-cheep green breezes flocks don-dan-don-din-baaah Orchestra madmen pommel the performers they terribly beaten playing Great din not erasing clearing up cutting off slighter noises very small scraps of echos in the theater area 300 square kilometers Rivers Maritza Tungia stretched out Rodolpi Mountains rearing heights loges boxes 2000 shrapnels waving arms exploding very white handkerchiefs full of gold srrrr-TUMB-TUMB 2000 raised grenades tearing out bursts of very black hair ZANG-srrrr-TUMB-ZANG-TUMB-TUUMB the orchestra of the noises of war swelling under a held note of silence in the high sky round golden balloon that observes the firing…”

We want to attune and regulate this tremendous variety of noises harmonically and rhythmically.

To attune noises does not mean to detract from all their irregular movements and vibrations in time and intensity, but rather to give gradation and tone to the most strongly predominant of these vibrations.

Noise in fact can be differentiated from sound only in so far as the vibrations which produce it are confused and irregular, both in time and intensity.

Every noise has a tone, and sometimes also a harmony that predominates over the body of its irregular vibrations.

Now, it is from this dominating characteristic tone that a practical possibility can be derived for attuning it, that is to give a certain noise not merely one tone, but a variety of tones, without losing its characteristic tone, by which I mean the one which distinguishes it. In this way any noise obtained by a rotating movement can offer an entire ascending or descending chromatic scale, if the speed of the movement is increased or decreased.

Every manifestation of our life is accompanied by noise. The noise, therefore, is familiar to our ear, and has the power to conjure up life itself. Sound, alien to our life, always musical and a thing unto itself, an occasional but unnecessary element, has become to our ears what an overfamiliar face is to our eyes. Noise, however, reaching us in a confused and irregular way from the irregular confusion of our life, never entirely reveals itself to us, and keeps innumerable surprises in reserve. We are therefore certain that by selecting, coordinating and dominating all noises we will enrich men with a new and unexpected sensual pleasure.

Although it is characteristic of noise to recall us brutally to real life, the art of noise must not limit itself to imitative reproduction. It will achieve its most emotive power in the acoustic enjoyment, in its own right, that the artist’s inspiration will extract from combined noises.

Here are the 6 families of noises of the Futurist orchestra which we will soon set in motion mechanically:

1 Rumbles, Thunders, Bursts, Squalls, Thuds, Rumbles.
2 Whistles, Hisses, Puffs.
3 Whispers, murmurs, grumbles, buzzes, gurgles.
4 Screeching, creaking, rustling, buzzing, crackling, rubbing.
5 Noises obtained by percussion on metals, woods, leathers, stones, terracotta, etc ..
6 Voices of animals and men: Shouts, Screams, Moans, Screams, Howls, Laughter, Rales, Sobs.

In this inventory we have encapsulated the most characteristic of the fundamental noises; the others are merely the associations and combinations of these. The rhythmic movements of a noise are infinite: just as with tone there is always a predominant rhythm, but around this numerous other secondary rhythms can be felt.

Conclusions

1 Futurist musicians must continually enlarge and enrich the field of sounds. This corresponds to a need in our sensibility. We note, in fact, in the composers of genius, a tendency towards the most complicated dissonances. As these move further and further away from pure sound, they almost achieve noise-sound. This need and this tendency cannot be satisfied except by the adding and the substitution of noises for sounds.

2 Futurist musicians must substitute for the limited variety of tones possessed by orchestral instruments today the infinite variety of tones of noises, reproduced with appropriate mechanisms.

3 The musician’s sensibility, liberated from facile and traditional Rhythm, must find in noises the means of extension and renewal, given that every noise offers the union of the most diverse rhythms apart from the predominant one.

4 Since every noise contains a predominant general tone in its irregular vibrations it will be easy to obtain in the construction of instruments which imitate them a sufficiently extended variety of tones, semitones, and quarter-tones. This variety of tones will not remove the characteristic tone from each noise, but will amplify only its texture or extension.

5 The practical difficulties in constructing these instruments are not serious. Once the mechanical principle which produces the noise has been found, its tone can be changed by following the same general laws of acoustics. If the instrument is to have a rotating movement, for instance, we will increase or decrease the speed, whereas if it is to not have rotating movement the noise-producing parts will vary in size and tautness.

6 The new orchestra will achieve the most complex and novel aural emotions not by incorporating a succession of life-imitating noises but by manipulating fantastic juxtapositions of these varied tones and rhythms. Therefore an instrument will have to offer the possibility of tone changes and varying degrees of amplification.

7 The variety of noises is infinite. If today, when we have perhaps a thousand different machines, we can distinguish a thousand different noises, tomorrow, as new machines multiply, we will be able to distinguish ten, twenty, or thirty thousand different noises, not merely in a simply imitative way, but to combine them according to our imagination.

8 We therefore invite young musicians of talent to conduct a sustained observation of all noises, in order to understand the various rhythms of which they are composed, their principal and secondary tones. By comparing the various tones of noises with those of sounds, they will be convinced of the extent to which the former exceed the latter. This will afford not only an understanding, but also a taste and passion for noises. After being conquered by Futurist eyes our multiplied sensibilities will at last hear with Futurist ears. In this way the motors and machines of our industrial cities will one day be consciously attuned, so that every factory will be transformed into an intoxicating orchestra of noises.

Dear Pratella, I submit these statements to your Futurist genius, inviting your discussion. I am not a musician, I have therefore no acoustical predilictions, nor any works to defend. I am a Futurist painter using a much loved art to project my determination to renew everything. And so, bolder than a professional musician could be, unconcerned by my apparent incompetence and convinced that all rights and possibilities open up to daring, I have been able to initiate the great renewal of music by means of the Art of Noises.

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